Autore: Laura

  • L’età della crescita, ovvero tre episodi di cambiamento corporeo (episodio 3)

    Yoga e cambiamento corporeo, esperienze Yoga, insegnante Yoga, KeYoga
    “fortuna che l’età della crescita l’ho passata” 
    Lo pensi con gratitudine, chiedendoti che ci fanno così tanti ragazzini suppergiù delle medie, in tram, in piena estate, ché la scuola è finita.

    Ti chiamano la memoria a quando c’eri tu, alle medie, e guardandoli sgraziati e allegri ripensi a quella parola strana che ti dicevano i medici all’epoca, e la pronunciavano seri, a volte cupi: scoliosi.
    Seguita da un sacco di altre parole e aggettivi, che volevano dire che la tua schiena lunga non la voleva smettere di crescere, andava in fretta, troppo, scappava via, e si stava accartocciando.
    A te veniva in mente il proverbio che ripeteva sempre il nonno: chi va piano va sano e va lontano, “… ma cosa corri a fare, schiena, che poi ti schianti?”.
    Di crescere, ti dicevano, si smette. 
    Se non metti il busto adesso, tra sei mesi sarà troppo tardi, dicevano, ché l’accartoccio mica si può più sistemare, dopo.
    Anzi, alcuni volevano operarti lì per lì per correggere la folle corsa della tua schiena.
    A te faceva così tanta impressione che ti rifiutavi perfino di immaginartelo.
    I più arditi arrivarono a spiegarti, con un disegno che ancora ricordi, che la tua statura un giorno sarebbe poi diminuita, che capita a tutti, è naturale.
    Spiegavano che, a un’età che quando si è molto giovani non si riesce proprio a concepire, si inizia a ritirarsi e l’accartoccio allora diventa un nodo marinaio.
    A te sembrava di essere il tuo maglione preferito quella volta che era finito nel lavaggio sbagliato, e avresti voluto tirarti fuori dalla lavatrice prima che il programma iniziasse a infeltrirti.

    A un certo punto, ricordi bene mentre scendi alla tua fermata, ti sei rifiutata di vedere altri medici.
    Di farti operare.
    Di mettere il busto.
    E ti sei tenuta la diagnosi, pensandoci sempre meno e andando avanti col resto dell’adolescenza.




    Non mi sono mai sognata di mettere in discussione quei postulati.
    Non mi sono nemmeno mai sognata di verificare, superata l’età della crescita e invertita la direzione, il numero nei documenti che indica la statura, perché i postulati sono, appunto, postulati e da un certo punto in poi gli unici numeri ufficiali che cambiano sono quelli del recapito. 
    Fino al giorno in cui qualcuno dichiara che sono certamente più alta dei centimetri scritti sulla carta d’identità.
    Ne è sicuro, vuole verificarlo, per provare di riflesso che la propria, di statura, corrisponde a quella certificata nei suoi, di documenti: di fatto siamo alti uguali, sulla carta c’è una differenza di diversi centimetri.
    Quel metro lì nella farmacia all’angolo dice che, dall’ultima misura adolescenziale, sono cresciuta.
    Due centimetri.
    (lui invece, apparentemente ne ha persi quattro, ma questa è un’altra storia).
    Mi è venuta la voglia prepotente di fare quattro chiacchiere vis-à-vis con la pletora di ortopedici che mi terrorizzarono da ragazzina, sostenendo che a ventanni non sarei più stata in grado nemmeno di camminare, “con quella schiena”…

    Anni di Yoga sono (anche)  piedi più larghi insofferenti alle calzature (soprattutto se strette e col tacco), spalle e torace che non entrano più in nessuna vecchia giacca e un guardaroba da rifare, e due centimetri in altezza guadagnati alla scoliosi che avrebbe dovuto paralizzarmi vent’anni or sono.
    Lo Yoga mi insegna, giorno per giorno, ad abitarmi in modo diverso, a scoprire con stupore sempre nuovo spazi impensati.

    La cosa più interessante, però, non è trovare un altro numero di scarpe, né cambiare la misura sui documenti.
    E’ mettere in dubbio i postulati.

    [anche qui e qui]
  • la gente mormora, ovvero rassegna stampa (parte 1 – Vivere lo Yoga)

    Vivere lo Yoga nel numero 56, in edicola a maggio/giugno 2014

    Antonella Malaguti, yogini e giornalista, è un’attenta osservatrice del mondo Yoga e ha la rara capacità di riuscire a descriverlo in modo semplice e accessibile a tutti.

    All’interno dell’articolo “Yoga in valigia – vacanze all’insegna del benessere”, ha dedicato una particolare attenzione ai nostri percorsi di Yoga d’Estate 2014, al Parco dell’Uccellina.
    “Percorsi tra Corpo, Simboli e Miti al Parco dell’Uccellina
    A pochi chilometri dalle meravigliose spiagge di Punta Ala, Orbetello e Marina di Grosseto, tra una passeggiata nell’atmosfera antica dei parchi archeologici etruschi di Roselle e Vetulonia e un tuffo nella natura incontaminata delle Terme naturali di Saturnia e Petriolo, c’è la possibilità di regalarsi una vacanza che coniuga l’aspetto tecnico e posturale dello Yoga con l’approfondimento della sfera simbolica.
    I seminari si svolgono in un’accogliente agriturismo con piscina, immerso tra gli ulivi.
    In ogni percorso, che prevede 7 incontri al mattino e 4 approfondimenti pomeridiani, i temi specifici sono accompagnati dal racconto di un mito o si una storia.
    Conduce: Laura Voltolina, diplomata presso l’Accademia Yoga Ratna con Gabriella Cella Al-Chamali, specializzata in integrazione posturale ed esperta di anatomia esperienziale.
    Chi lo desidera può ricevere, con costo a parte, trattamenti di riflessologia dei piedi o delle mani, massaggi del viso o lezioni individuali di Yoga e integrazione posturale.
  • Quelli che…il Ponte!

     “Le cose vicine 
    e quelle lontane 
    sono unite da legami invisibili
    F. Thompson

    Ecco cosa scrivono coloro che hanno partecipato a questi seminari qui.

    “il significato simbolico del titolo di questo seminario, mi ha spinto a partecipare. Durante la pratica insieme, quella domenica, ho sperimentato in maniera molto intensa il  ” senso di unione corpo e mente”, non so come dirlo meglio, essere un unica cosa (con le mie esperienze di malattia, per lungo tempo, ho sicuramente tenuto separate ciò che veniva dal corpo e ciò che era della mente) e quindi per me è stata una esperienza fondamentale che mi ha dato energia e nuova fiducia
    Questa sensazione  è proseguita poi anche nei giorni successivi e riesco a ritrovarla  quando pratico yoga a casa.”

    “il lavoro […] mi ha permesso di guardare alcune parti di me, elaborandole ulteriormente, rimanendo tranquilla e lucida.”

    “ho trovato molto intensa la forza del gruppo di persone che condividevano la pratica”

    “il seminario? Devo dirti due effetti: più carica sessuale e più menefreghismoNon male direi… 😉 Per il menefreghismo, troppo poco. Ma a me ce ne vorrebbero vagonate!!”

    “che viaggio interessante, non me lo aspettavo!
    il tempo mi è volato, quando abbiamo concluso mi sono stupita di sapere che erano passate già quattro ore, credevo a malapena ne fosse trascorsa una soltanto.”

    “ho costruito il mio Ponte sulle mie tensioni interiori, alcune le ho scoperte insieme a te durante la pratica, altre sapevo che c’erano, tensioni e nodi fisici dolorosi che si sono sciolti, proprio come se avessi attraversato un Ponte di cui non conoscevo l’esistenza. Mi sono ritrovata diversa alla fine del seminario e anche nei giorni successivi: mi sento più forte, ho più energia e ho notato che sono più fiduciosa quando mi capita una situazione difficile, che nel passato mi avrebbe mandata nel panico, adesso provo ad attraversarla costruendoci un Ponte sopra e…funziona!”

    è venuta a galla una vecchia e brutta abitudine. Ci lavoreremo ancora ai fianchi!” 

    “ciò che inizialmente era una sensazione di “dubbio”, di “divisione” e “doppio”…riguardandola adesso è esattamente l’opposto…cioè “equilibrio”. pensandoci bene forse non è nemmeno l’opposto. è solo il punto di vista a essere completamente diverso.

    “che dire? il seminario è arrivato forse non a caso in un momento di passaggio per me…se non sto nel bel mezzo del Ponte ora…non lo sono mai stata!!! […] nei giorni successivi mi sono sentita “con lo sguardo in avanti”, sostenuta da dietro da tutto ciò che è stato e che mi ha permesso di arrivare al margine del Ponte, anche se a tratti ho paura e ripenso all’immagine dei leoni al di là del ponte, cammino, vado avanti: le spalle e il petto li sento diversi…come alleggeriti

  • il guru nel menisco

    Yoga e consapevolezza corporea, ginocchia, allievi Yoga, KeYoga
    il cuore di un cammino di ricerca è la condivisione: le tracce lasciate da altri, magari da luoghi lontani nel tempo e nello spazio, diventano strumenti, incoraggiamenti o consigli per noi, qualcosa di utile nel nostro percorso.
    Ringrazio Savina, autrice del testo qui di seguito

    [per inciso no, non c’è nessun errore nel titolo del post: 
    benché i refusi siano abituali nei miei scritti, e – sia detto per onore di verità – nonostante le riletture e i controlli ortografici automatici (a volte a causa dei controlli automatici), qui non si narrano affatto epiche gesta di ortopedia chirurgica e, dunque, non si tratta del guru del ginocchio. 
    in questa storia il guru viene trovato, senza nemmeno averlo cercato per la verità, nel menisco, tutto qui.]

    “Cara Nanà, dopo che la risonanza magnetica aveva rilevato il danneggiamento del menisco, tutti i medici mi sconsigliavano l’intervento perché non lo ritenevano necessario, secondo loro bastava rinunciassi alle mie attività fisiche.
    Mi sentivo sconfitta e delusa perché non avevo avuto la capacità di fermarmi prima dell’infortunio, quando cioè percepivo la stanchezza e il corpo mi chiedeva di rallentare. Superbamente avevo continuato per essere come gli altri, per non perdermi nulla, ma avevo ottenuto di sentirmi l’ultima della classe, l’allieva che non si ascoltava nonostante gli anni di pratica.
    Avevo cercato di andare avanti in qualche modo, di continuare come se niente fosse, ma il continuo dolore fisico ha definitivamente abbattuto ogni mio tentativo di resistenza.
    A quel punto dovevo decidere se farmi operare o no, se volevo continuare o rinunciare.

    Nanà, lo sai che quando prendo una decisione non la cambio più, ma in quel periodo ho assistito, quasi come fossi una spettatrice, ai miei continui ripensamenti.
    Con tenacia mi sono “aggrappata” allo yoga, ma non era facile: certe posizioni non potevo eseguirle e era frustrante, la mente era un subbuglio di pensieri e mi sembrava che tutto perdesse di significato.
    Più passava il tempo, più mi innervosiva il mio continuo tentennare riguardo l’intervento, inoltre mi colpevolizzavo per come stavo affrontando il problema.

    Yoga e consapevolezza corporea, allievi Yoga, KeYoga
    Quando finalmente ho preso coscienza che mi stavo solo danneggiando e che non potevo continuare a remare contro corrente, ho deciso di cambiare atteggiamento, sono riuscita a mettere in pratica la frase “sospendere il giudizio e lasciare che accada”.
    Ed è stato incredibile, gradualmente non mi sentivo più in balia delle onde, mi sembrava che la mia strada si facesse un po’ più nitida.
    Il giorno fissato per l’intervento stentavo a riconoscermi, nessun segno di nervosismo, la mente calma, incapace di formulare un solo pensiero. In sala operatoria ho trovato naturale chiudere gli occhi e concentrarmi nell’ascolto interiore, mentre i medici si occupavano di una piccola parte di me, io mi prendevo cura di tutto il resto: mi sembrava di partecipare ad una “speciale” lezione di yoga!
    Il giorno successivo, nonostante il ginocchio gonfio, ho deciso di cominciare con gli esercizi di riabilitazione. Ma non mi riusciva assolutamente nulla, la sensazione che provavo era piuttosto strana in quanto percepivo il comando che partiva dal cervello, lo sentivo scendere attraverso il busto e poi non capivo dove si era fermato, perché si era spento da qualche parte.
    Finalmente, ho notato che se sollevavo leggermente il bacino come a mimare il gesto del ponte riuscivo nel 1° esercizio che consisteva nel piegare l’arto.
    Al termine sentivo la gamba stanca e rigida in modo assurdo, così allungando il tratto cervicale con le mani sulla nuca, riuscivo a rilassare gli arti inferiori.

    Yoga e consapevolezza corporea per guarire, KeYoga, allievi Yoga
    Con il passare dei giorni provavo dei disturbi alla schiena, mal di testa e ai cervicali, così ho dovuto “adattarmi” ulteriori esercizi, come il gesto di Brahma in versione “esclusivamente con le gambe diritte”, gli esercizi del collo appresi con l’aikido e gli esercizi di allungamento del tai chi.
    Gradualmente le mie personali lezioni portavano non solo un benessere generale, ma rapidi miglioramenti al ginocchio. Inoltre, lavorare con la paura di farmi male, mi rendeva facile osservare ed ascoltare costantemente il corpo.

    Avevo scoperto che potevo limitare le medicine tenendo rilassata la gamba e mettendo il piede in linea (altro insegnamento ricevuto per non sovraccaricare il ginocchio).
    Appena è stato possibile ho mollato le stampelle, preferivo muovermi con estrema lentezza, ma cercando di ri-educare la caviglia al movimento completo e di ritrovare la graduale flessione del ginocchio.
    Man mano che passavano i giorni aumentavano gli esercizi ed è sorto un nuovo disagio, un malessere che ho risolto con l’ennesima regola imparata a yoga: ho cambiato l’ordine di esecuzione, partivo da qualche esercizio a terra, poi raggruppavo tutti quelli in piedi, terminavo con gli ultimi a terra per successivamente concedermi il meritato riposo.

    Nanà, non è stata una passeggiata, ho dovuto imparare ad aver pazienza, ma mi sono presa anche le mie soddisfazioni; pensa che ad ogni controllo, il medico di turno andava a verificare la data dell’intervento sul computer perché, in base ai miglioramenti, non credeva fosse quella che gli dicevo io!
    Non credere però che il merito sia tutto mio, la guarigione è stata accelerata dall’aver applicato quanto ho imparato dalle attività che svolgo (e che i medici volevano abbandonassi) e dalla bravura dei maestri che hanno condiviso il loro sapere con me.
    Credo di essermi riscattata per gli errori commessi, ho acquisito maggiore sicurezza nelle mie capacità, ho capito che dentro di me ci sono gli insegnamenti ricevuti in anni di pratica, la sfida è ora riuscire ad applicarli costantemente.”
  • di abiti e altre amenità – ovvero tre episodi di cambiamento corporeo (episodio 2)

    Yoga e cambiamento, Corpo e Yoga, KeYoga, Laura Voltolina“se trattengo il fiato per tutto il matrimonio, potrei anche riuscire a non far saltare le cuciture”, dici, perplessa.         
    E’ avanti con l’età e sorride, in quel suo salotto pieno di mobili scuri troppo grandi e centrini di pizzo sotto foto in cornice, a decine, di tutte le cerimonie familiari degli ultimi quarantanni, comprese le cresime dei nipoti dei secondi cugini o giù di lì.  Sei appena entrata eppure tutto ti è noto, come se fossi andata a trovare una prozia un po’ matta che vive lontana (invece sei a meno di cinquecento metri da casa tua).


    Armeggi in apnea con la lampo per liberarti dalla morsa dell’unico Abito da Cerimonia che possiedi.
    “la giacca”, aggiunge lei, ridendo apertamente “non dovrai mica metterla, vero?”

    Somiglia davvero alla tua vecchia prozia, forse perché fa la sarta anche lei.
    In quel momento sai con sicurezza che conserva diligente i buoni sconto del supermercato, fa dello zabaione buonissimo e troverà magicamente il modo di farti respirare in quello stesso abito che poco prima ti soffocava, frutto di un incauto acquisto di oltre due anni or sono: quella volta era il matrimonio numero tre di una tua amica e tu pensavi non fosse opportuno stare nell’album di nozze con lo stesso abito dei matrimoni numero uno e due.
    Avevi deciso un investimento; ci avresti giurato di usarlo, quel vestito, in tutte le numerose occasioni di cui la fantasia aveva improvvisamente farcito la tua vita mondana (che, per la verità, somiglia piuttosto a quella di una novantenne in coma), ché certe spese una non le fa mica a cuor leggero, deve giustificarsele.
    Durante l’ultimo, delirante trasloco, eri anche miracolosamente riuscita a conservare il prezioso Abito intatto, riservandogli le cure che si dedicherebbero a un bebé in uno tsunami, per dire. 

    Nel tempo, comunque, avevi già notato nei tuoi vestiti l’antipatica tendenza a stringertisi sulle spalle (e tu per vestiti intendi acquisti occasionali strettamente necessari a non insegnare Yoga con maglie bucate).
    Davi la colpa alla scarsa qualità del materiale, cavolo, due passaggi in lavatrice e si stringono subito… non che ti sia mai curata chissà quanto dell’abbigliamento e quando l’unica cosa che ti spinge a entrare in un negozio è il prezzo sul tavolo dei rimasugli di fine stagione (di almeno cinque anni prima), la tua logica ti porterebbe a credere che un abito di un buon materiale, quell’Abito, non ti tradirebbe mai, ché la spesa è, sicuramente, valsa la pena.

    Per quasi tutte le illusioni arriva il giorno di infrangersi e questa si è frantumata a pochi giorni dalla seconda occasione di indossarlo, a distanza di quasi tre anni dalla prima (e a conferma della scarsa mondanità che ti contraddistingue), quando hai prudentemente pensato di riprovarti l’Abito.


    Indossarlo per la seconda volta mi ha spedita dritta in Via col Vento e la prima cosa che mi sono detta, mentre incredula cercavo di chiudere la cerniera, è stato “mai più cioccolata”.


    Non sono ingrassata, però; è qualcosa di diverso.
    E’ il mio torace che ha preso spazio, sicuramente più di quello che avrei mai immaginato.
    Con tante scuse alle grandi catene di rivendita di vestiario (che pure altre e molte colpe hanno),  è lo Yoga che, quatto quatto, mi ha aperto il respiro.
    Questo allargamento di spalle e torace mi costringe a “pensarmi” diversa, più larga, più “spessa”.

    E a benedire la sarta sotto casa.
    [inizia qui, continua qui]
  • quelli che…l’Universo in Noi!

    cosa dice chi c’era a questa settimana di Yoga

    “anche se non mi sembra cambiato nulla qui, sicuramente è cambiato qualcosa in me

    “[…] le piantine germogliate dentro di me resistono agli attacchi della consuetudine così come all’inerzia dei nodi della mia personalità; sono però sicuro che la loro sarà una crescita che mi accompagnerà per tutta la vita e che qualche tempesta ogni tanto servirà solo a rinforzarne il fusto”

     “tutto scorre, e scorre meglio. spero solo di poter mantenere questo magico stato di grazia

    “[…] riprendere i miei tempi, ritmi, abituarsi allo stretto contatto con gli altri, questi sconosciuti… sono state tutte sensazioni molto piacevoli”

     “mi sono trovata a raccontare ad amici curiosi della mia esperienza e non ho potuto che parlarne con gioia, come una delle vacanze più belle che abbia mai vissuto: seppur semplice, così unica

    “ho ritrovato un po’ della forza di carattere che mi sembrava di aver perso e la capacità di fare delle cose per me”


     “a volte la vita prende una piega un po’ arida, siamo troppo presi dai nostri impegni, spesso futili e che riteniamo così importanti. è un dare il giusto valore alle cose, nell’aridità della nostra vita può nascere sempre qualcosa di rigoglioso e inaspettato

    “un aspetto del mio carattere che ho rivalutato e riscoperto durante la vacanza è stato l’amore per la semplicità

    “se all’inizio ero un po’ diffidente anche solo nel camminare per terra a piedi nudi (aiuto, ci si sporca, ci si fa male…) è bastato davvero poco per riabituarsi a tutto ciò che ci circonda nel modo più naturale possibile

    “ho riscoperto anche la tolleranza, andare incontro all’altro

    “è stato interessante scoprire insieme come volerci bene, come massaggiare gli organi, come sentire le sensazioni, anche le più minime, del nostro corpo. il corpo ci parla, sempre, e noi dobbiamo ascoltarlo

    “ […] ho sempre dato molta importanza al volersi bene, anche molto prima dell’incontro yoga, alla cura del fisico prima interiore e poi esteriore

    “la grande bellezza che insegni resta dentro!”

    “sto focalizzando la mia attenzione alla mia postura, al mio bacino e all’allineamento generale

    “ripeto con soddisfazione l’infinito a gambe incrociate, in entrambe i versi, prima della mia meditazione mattutina: questo mi permette di avvertire meno resistenze muscolari sulla schiena e sulle cosce, punti che normalmente avvertivo come rigidi mentre mantenevo la posizione seduta, gambe incrociate e schiena dritta per i 20/30 minuti necessari”

    “nel mio approccio con il mondo ho notato di avere maggiore apertura e fiducia nei confronti di quello che mi aspetta…in generale ho una grande voglia di esperienze”

    “la testimonianza che qualcosa è rimasto di quella settimana e […] che bisogna coltivare il proprio benesseree stare bene con se stessi e con gli altri”

    “mi sento più disponibile verso gli altri, ho più piacere a stare in compagnia degli amici e penso che mi venga spontaneo di essere più estroversa e più affettuosa con amici e colleghi. con la natura avevo già un ottimo rapporto, direi che gli spunti che tu ci hai dato erano in grande sintonia con il mio modo di sentire la biosfera”


    “c’è stato un periodo in cui mi sentivo molto rigida nell’articolazione delle anche nel bacino, non riuscivo a sentirmi sciolta.  mi sembra di aprire di più le spalle e stare più dritta.   non sopporto più il reggiseno di cui prima non mi accorgevo neanche, e non penso di aver messo su altro seno…purtroppo!”
  • quelli che…il Linguaggio Segreto del Corpo

    da questa settimana di Yoga, i feedback dei partecipanti, che ringrazio col Cuore…

    “a cosa mi è servito il corso? ad aprire le finestre del cuore al sole…”

    “devi ricercare dentro il tuo corpo. ciò che scopri andrà a tuo vantaggio. gli altri possono darti i mezzi e gli strumenti ma non possono fare questa ricerca per te

    “mi “penso” come una regina, con la corona in testa, sia quando cammino per la strada, sia quando faccio marmellate o dipingo, mi sento la lepre che mette fuori la testa e annusa l’aria, mi sento a mio agio nel mio vecchio corpo arrotondato dall’età e dal vissuto. i movimenti sono più fluidi, anche quando sono veloci, e ho incorporato l’infinito nella camminata, insomma sculetto! :-))”

    “mi sento più capace di governare la mente, mi pare di aver lasciato alle spalle tredici anni di malessere che sotto sotto mi logorava”

    non sono più la stessa persona di prima. almeno in parte. credo di essermi avvicinata finalmente un pochino alla risposta alla fatidica domanda “cosa vuoi fare da grande?” – ho resistito all’impulso di fare uno dei miei soliti colpi di testa, ma non mi ero mai sentita così libera prima e sento l’esigenza di prendermi cura del mio corpo. in generale per me è stata una settimana di “amplificazione” e “apertura”!



    “ho fatto pace con il mio profilo, porto di più i capelli raccolti, mi nascondo di meno!”


    “è avvenuto un cambiamento profondo, di cui ancora non misuro la portata. mi preoccupo meno del giudizio degli altri […] piango meno e rido di più!!”

    “mi sento più di prima. mi sento più leggera a volte. sento uno spazio tutto per me, come se il mio corpo fosse una sorta di tempio, un luogo nel quale ripararmi quando fuori piove. devo dire che faccio fatica a distinguere cosa derivi dalla settimana di yoga e cosa invece dalla meditazione giornaliera, ma di sicuro la settimana di yoga ha amplificato le sensazioni corporee e il “sentire il corpo”

    “ho imparato a modificare la mia postura non appena mi rendo conto di essere ripiegata e incassata come mio solito 😉 ho scoperto un dolore molto forte alle anche con il quale convivevo senza neppure rendermi conto, ho scoperto le mie dita dei piedi anche quando cammino, ho trovato un’energia fortissima e questo mi ha spinto a correre. questo è tutto merito della settimana di yoga che mi ha permesso di esplorare i miei limiti, che sono molto più mentali che reali (la visualizzazione p.es. aiuta moltissimo)”

    “ho imparato a dare più fiducia all’intuizione che alla mente, che “mente frequentemente” “


    “mi sono accorta che […] faccio il “guardiano del tesoro” di me stessa e fatico ad espormi, mentre sarebbe cosa sana e giusta se espandessi all’esterno le mie qualità […] so di avere molto da dare ma sono bloccata. in compenso su altri fronti sento di star lasciando andare vecchi schemi caratteriali, diciamo che un po’ il lavoro interiore costante mio, un po’ lo yoga tuo (con le belle storielle che hai raccontato) stanno lentamente modificando automatismi reattivi che una volta erano decisamente forti in me. quindi nulla che faccio è vano, anzi, un gradino in più nel mio viaggio di consapevolezza in questa vita terrena. la via umida comporta pazienza…” 
  • bisogno di poesia

     
                                                                    “Ho bisogno di sentimenti,

    di parole,
    di parole scelte sapientemente,          
    di fiori, detti pensieri,           
    di rose, dette presenze,          
     di sogni, che abitino gli alberi,           
    di canzoni che faccian danzar le statue,           
    di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti.           
    Ho bisogno di poesia”

    Alda Merini

  • quelli che…Il Sogno

    alcuni feedback dei partecipanti al workshop “Il Sogno – percorso Yoga” (di tutti i partecipanti, insegnante compresa!).


    “non so se sia effetto del seminario ma sicuramente sta aiutando..mi sento più radicata…mi sento in grado dire di “no” e […] cominciare anche a sapere cosa voglio mi fa dire più serenamente “no” senza sentirmi in colpa!  e i sogni mi aiutano a vedere più chiaramente..a pazienza…con amore…piccoli passi…”

    “sono sempre stata brava, a sognare. dirigevo i sogni, credo si chiami sogno lucido quella cosa che succede quando, all’interno del sogno, ti accorgi di stare sognando e allora puoi anche cambiare il contenuto del sogno, senza svegliarti. mi capitava spesso. 

    ho capito però che lasciar liberi i miei sogni è più divertente, e se li seguo senza dirigerli ma lasciando fare a loro, posso avere molte indicazioni più preziose su me stessa e quel che mi accade anche durante la veglia”.

    “mi sto guadagnando un luogo a mia misura anche nel mondo onirico […] mi è bastato un niente, ed una pratica fatta su misura, per poter decidere i percorsi da seguire anche in uno stato di coscienza quale il sonno è. 
    “non sempre le cose vanno come mi sono prefissata, ma anche nel caso di un sogno agitato da condizioni di malessere disagio o addirittura incubo, riesco ad uscirne […] in quel momento riprendo le redini della mia mente e la consapevolezza seminata è cresciuta, mi appartiene anche nei momenti di criticità,  mi fa uscire definitivamente dalla situazione. l’ascolto e l’ attenzione sono fondamentali”

    “io sogno sempre e sogno tanto. sogno persino nelle rare pennichelle che mi concedo. credo di poter contare sulle dita delle mani i rari incubi della mia vita.
    […] adoro ascoltare le “storie” che racconti ma la cosa, per me, singolare è verificare l’effettiva aderenza del tema dato alle sensazioni psico-fisiche che ho provato successivamente ai seminari”
    “fisicamente è stato faticoso […] faccio stretching da sempre e quasi tutte le mattine, il mio lavoro richiede grande flessibilità ed un controllo bio-meccanico e propriocettivo completo e profondo […] e insomma non credo di essere proprio un rottame umano ma la quantità di parti e micro distretti fisici che ho “scoperto” di avere è impressionante! […] temo che questo non sia altro che la manifestazione di profonde tensioni che il lavoro sul sogno consente di fare emergere. se così è, non so se preoccuparmene…”

    “una cosa l’ho osservata, che siano agitati o meno, ho più consapevolezza del mio sonno, mi ricordo di più appena sveglia quello che ho sognato, anche se poi lo dimentico, ma prima era proprio un buio totale. 
    non soffro più d’insonnia e alla mattina mi sento riposata e sveglia, riesco a concentrarmi meglio e più a lungo.
  • in principio furono i piedi, ovvero tre episodi di cambiamento corporeo (episodio 1)

    Piedi e Yoga: cambiamento corporeo, KeYoga, Laura Voltolina

    a Natale 2010 sei partita per l’India da sola e un po’ alla cieca, senza lo straccio di un piano vero e con il solo bagaglio a mano: uno zaino quasi esclusivamente stipato di medicinali omeopatici, allopatici, antibiotici per qualsiasi evenienza, il resto che servirà lo troverai in loco, meglio viaggiare leggera, hai pensato, chiedendoti con quanto sforzo “conservare in luogo fresco e asciutto, temperatura massima 18°C” si sarebbe adattato al clima locale di quell’ultimo lembo di terra indiana prima dell’oceano.
    Tra le pochissime concessioni ad elementi estranei alla sfera farmacologica ci sono i tuoi storici sandali rasoterra allacciati alla caviglia.
    avevi previsto medicinali per ogni sorta di probabile o improbabile attacco al tuo sistema immunitario, ma non avevi previsto che i sandali sarebbero stati scomodi da togliere e rimettere decine di volte al giorno, a entrare e uscire da templi, negozi, ashram e via dicendo.
    Non lo sapevi proprio (anche per via dell’assenza di un piano vero e di informazioni basilari) che, strada a parte, in quell’angolo all’estremo Sud dell’India saresti andata in giro scalza.

    Come nel civile nord Europa, che quando si entra in casa ci si tolgono subito le scarpe, anche se non sei a casa tua e hai i buchi nei calzini.
    Non ci avevi pensato, eppure nella tua italianissima casa costringi gli amici di passaggio (lo faresti anche con l’idraulico e l’elettricista se avessi il coraggio di chiederglielo) a togliersi le scarpe all’ingresso, offrendo in cambio l’obliqua comodità di pantofole-per-gli-ospiti comprate in saldo a un euro il paio e che loro trovano, giustamente, inquietanti, d’inverno, o cantando le meraviglie della libertà dei piedi scalzi, d’estate.
    Insomma, dallo sbarco in poi trascorri un tempo che valuti eccessivo ad allacciare e slacciare la fibbia degli storici sandaletti che dall’altra parte del mondo ti sembravano comodissimi ma qui ti diventano odiosi, minando la cifra di praticità essenziale dell’intero viaggio.
    Dopo la mezz’ora più lunga della tua vita su un motorino indiano insieme a due amici (se non si supera il plurale di almeno una cifra, a bordo di un mezzo qualsiasi, è chiaramente uno spreco maleducatissimo) incontrati proprio quel giorno, durante la quale avete attraversato la città e siete arrivati, inspiegabilmente illesi ma con (tuo) indiscutibile incanutimento precoce (la nonchalance degli altri passeggeri ti lascerebbe basita, se avessi fiato per notarla), alle bancarelle ai piedi del tempio, decidi di procedere all’acquisto di un paio di infradito.
    Indiane, in pura plastica che il venditore continua a cercare di convincerti essere pelle e, dopo un po’, inizi perfino a credergli o almeno fingi di farlo perché in India è così, per sopravvivere essenziale e pratica a un certo punto devi tagliare corto nelle contrattazioni.
    Tanto vincono loro comunque.
    Ti provi il tuo numero, 38 e mezzo (“toh, guarda, anche in India hanno le mezze misure!”) ma facciamo 39 ché qua camminerai parecchio e l’ultima cosa che vuoi è dover ricorrere ai medicinali (che trasporti in giro a spalla pronta ad incoraggiare, nel temutissimo momento del confronto decisivo, i tuoi pallidi e occidentali globuli bianchi rispetto ai nerboruti batteri virus e altre amenità subtropicali che popolano la tua fantasia) per curarti le piaghe infette che certamente ti martorierebbero i piedi.
    Il 39 ti è piccolo, però.
    Invece il 40 indiano ti calza a pennello, e a te sembra di aver capito come gira da queste parti.


    Invece non avevo capito niente, ma me ne sono accorta mesi dopo il rientro, nel giorno in cui, in patria, cerco un paio di scarpe nuove, in un negozio di attrezzatura sportiva, nella mia lingua e senza possibilità, né onere per la verità, di contrattazione.

    Provo il mio numero: 38 e mezzo.
    Non mi entrano in nessun modo; ma, si sa, a volte il modello calza poco…
    Il commesso mi guarda compassionevole, e dice no, guarda che non sono le scarpe.
    è il tuo piede.
    Allora misuriamolo, ‘sto piede!
    Caspita…mi sono cresciuti i piedi…

    Anni di Yoga e piedi dall’arco plantare contratto, che gli ortopedici della mia adolescenza ritenevano irrecuperabili, si sono allargati, hanno preso spazio, preso terra, mi hanno “accomodata” meglio.
    Il mio nuovo numero è davvero 40, preciso.
    Preciso in tutto il mondo.

    ps: per la cronaca, l’arsenale di medicine trasportato attraverso mezzo mondo è tornato intonso. 
    [continua, continua]

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