Categoria: autenticità

  • Quelli che…il Ponte!

     “Le cose vicine 
    e quelle lontane 
    sono unite da legami invisibili
    F. Thompson

    Ecco cosa scrivono coloro che hanno partecipato a questi seminari qui.

    “il significato simbolico del titolo di questo seminario, mi ha spinto a partecipare. Durante la pratica insieme, quella domenica, ho sperimentato in maniera molto intensa il  ” senso di unione corpo e mente”, non so come dirlo meglio, essere un unica cosa (con le mie esperienze di malattia, per lungo tempo, ho sicuramente tenuto separate ciò che veniva dal corpo e ciò che era della mente) e quindi per me è stata una esperienza fondamentale che mi ha dato energia e nuova fiducia
    Questa sensazione  è proseguita poi anche nei giorni successivi e riesco a ritrovarla  quando pratico yoga a casa.”

    “il lavoro […] mi ha permesso di guardare alcune parti di me, elaborandole ulteriormente, rimanendo tranquilla e lucida.”

    “ho trovato molto intensa la forza del gruppo di persone che condividevano la pratica”

    “il seminario? Devo dirti due effetti: più carica sessuale e più menefreghismoNon male direi… 😉 Per il menefreghismo, troppo poco. Ma a me ce ne vorrebbero vagonate!!”

    “che viaggio interessante, non me lo aspettavo!
    il tempo mi è volato, quando abbiamo concluso mi sono stupita di sapere che erano passate già quattro ore, credevo a malapena ne fosse trascorsa una soltanto.”

    “ho costruito il mio Ponte sulle mie tensioni interiori, alcune le ho scoperte insieme a te durante la pratica, altre sapevo che c’erano, tensioni e nodi fisici dolorosi che si sono sciolti, proprio come se avessi attraversato un Ponte di cui non conoscevo l’esistenza. Mi sono ritrovata diversa alla fine del seminario e anche nei giorni successivi: mi sento più forte, ho più energia e ho notato che sono più fiduciosa quando mi capita una situazione difficile, che nel passato mi avrebbe mandata nel panico, adesso provo ad attraversarla costruendoci un Ponte sopra e…funziona!”

    è venuta a galla una vecchia e brutta abitudine. Ci lavoreremo ancora ai fianchi!” 

    “ciò che inizialmente era una sensazione di “dubbio”, di “divisione” e “doppio”…riguardandola adesso è esattamente l’opposto…cioè “equilibrio”. pensandoci bene forse non è nemmeno l’opposto. è solo il punto di vista a essere completamente diverso.

    “che dire? il seminario è arrivato forse non a caso in un momento di passaggio per me…se non sto nel bel mezzo del Ponte ora…non lo sono mai stata!!! […] nei giorni successivi mi sono sentita “con lo sguardo in avanti”, sostenuta da dietro da tutto ciò che è stato e che mi ha permesso di arrivare al margine del Ponte, anche se a tratti ho paura e ripenso all’immagine dei leoni al di là del ponte, cammino, vado avanti: le spalle e il petto li sento diversi…come alleggeriti

  • quelli che…l’Universo in Noi!

    cosa dice chi c’era a questa settimana di Yoga

    “anche se non mi sembra cambiato nulla qui, sicuramente è cambiato qualcosa in me

    “[…] le piantine germogliate dentro di me resistono agli attacchi della consuetudine così come all’inerzia dei nodi della mia personalità; sono però sicuro che la loro sarà una crescita che mi accompagnerà per tutta la vita e che qualche tempesta ogni tanto servirà solo a rinforzarne il fusto”

     “tutto scorre, e scorre meglio. spero solo di poter mantenere questo magico stato di grazia

    “[…] riprendere i miei tempi, ritmi, abituarsi allo stretto contatto con gli altri, questi sconosciuti… sono state tutte sensazioni molto piacevoli”

     “mi sono trovata a raccontare ad amici curiosi della mia esperienza e non ho potuto che parlarne con gioia, come una delle vacanze più belle che abbia mai vissuto: seppur semplice, così unica

    “ho ritrovato un po’ della forza di carattere che mi sembrava di aver perso e la capacità di fare delle cose per me”


     “a volte la vita prende una piega un po’ arida, siamo troppo presi dai nostri impegni, spesso futili e che riteniamo così importanti. è un dare il giusto valore alle cose, nell’aridità della nostra vita può nascere sempre qualcosa di rigoglioso e inaspettato

    “un aspetto del mio carattere che ho rivalutato e riscoperto durante la vacanza è stato l’amore per la semplicità

    “se all’inizio ero un po’ diffidente anche solo nel camminare per terra a piedi nudi (aiuto, ci si sporca, ci si fa male…) è bastato davvero poco per riabituarsi a tutto ciò che ci circonda nel modo più naturale possibile

    “ho riscoperto anche la tolleranza, andare incontro all’altro

    “è stato interessante scoprire insieme come volerci bene, come massaggiare gli organi, come sentire le sensazioni, anche le più minime, del nostro corpo. il corpo ci parla, sempre, e noi dobbiamo ascoltarlo

    “ […] ho sempre dato molta importanza al volersi bene, anche molto prima dell’incontro yoga, alla cura del fisico prima interiore e poi esteriore

    “la grande bellezza che insegni resta dentro!”

    “sto focalizzando la mia attenzione alla mia postura, al mio bacino e all’allineamento generale

    “ripeto con soddisfazione l’infinito a gambe incrociate, in entrambe i versi, prima della mia meditazione mattutina: questo mi permette di avvertire meno resistenze muscolari sulla schiena e sulle cosce, punti che normalmente avvertivo come rigidi mentre mantenevo la posizione seduta, gambe incrociate e schiena dritta per i 20/30 minuti necessari”

    “nel mio approccio con il mondo ho notato di avere maggiore apertura e fiducia nei confronti di quello che mi aspetta…in generale ho una grande voglia di esperienze”

    “la testimonianza che qualcosa è rimasto di quella settimana e […] che bisogna coltivare il proprio benesseree stare bene con se stessi e con gli altri”

    “mi sento più disponibile verso gli altri, ho più piacere a stare in compagnia degli amici e penso che mi venga spontaneo di essere più estroversa e più affettuosa con amici e colleghi. con la natura avevo già un ottimo rapporto, direi che gli spunti che tu ci hai dato erano in grande sintonia con il mio modo di sentire la biosfera”


    “c’è stato un periodo in cui mi sentivo molto rigida nell’articolazione delle anche nel bacino, non riuscivo a sentirmi sciolta.  mi sembra di aprire di più le spalle e stare più dritta.   non sopporto più il reggiseno di cui prima non mi accorgevo neanche, e non penso di aver messo su altro seno…purtroppo!”
  • quelli che…il Linguaggio Segreto del Corpo

    da questa settimana di Yoga, i feedback dei partecipanti, che ringrazio col Cuore…

    “a cosa mi è servito il corso? ad aprire le finestre del cuore al sole…”

    “devi ricercare dentro il tuo corpo. ciò che scopri andrà a tuo vantaggio. gli altri possono darti i mezzi e gli strumenti ma non possono fare questa ricerca per te

    “mi “penso” come una regina, con la corona in testa, sia quando cammino per la strada, sia quando faccio marmellate o dipingo, mi sento la lepre che mette fuori la testa e annusa l’aria, mi sento a mio agio nel mio vecchio corpo arrotondato dall’età e dal vissuto. i movimenti sono più fluidi, anche quando sono veloci, e ho incorporato l’infinito nella camminata, insomma sculetto! :-))”

    “mi sento più capace di governare la mente, mi pare di aver lasciato alle spalle tredici anni di malessere che sotto sotto mi logorava”

    non sono più la stessa persona di prima. almeno in parte. credo di essermi avvicinata finalmente un pochino alla risposta alla fatidica domanda “cosa vuoi fare da grande?” – ho resistito all’impulso di fare uno dei miei soliti colpi di testa, ma non mi ero mai sentita così libera prima e sento l’esigenza di prendermi cura del mio corpo. in generale per me è stata una settimana di “amplificazione” e “apertura”!



    “ho fatto pace con il mio profilo, porto di più i capelli raccolti, mi nascondo di meno!”


    “è avvenuto un cambiamento profondo, di cui ancora non misuro la portata. mi preoccupo meno del giudizio degli altri […] piango meno e rido di più!!”

    “mi sento più di prima. mi sento più leggera a volte. sento uno spazio tutto per me, come se il mio corpo fosse una sorta di tempio, un luogo nel quale ripararmi quando fuori piove. devo dire che faccio fatica a distinguere cosa derivi dalla settimana di yoga e cosa invece dalla meditazione giornaliera, ma di sicuro la settimana di yoga ha amplificato le sensazioni corporee e il “sentire il corpo”

    “ho imparato a modificare la mia postura non appena mi rendo conto di essere ripiegata e incassata come mio solito 😉 ho scoperto un dolore molto forte alle anche con il quale convivevo senza neppure rendermi conto, ho scoperto le mie dita dei piedi anche quando cammino, ho trovato un’energia fortissima e questo mi ha spinto a correre. questo è tutto merito della settimana di yoga che mi ha permesso di esplorare i miei limiti, che sono molto più mentali che reali (la visualizzazione p.es. aiuta moltissimo)”

    “ho imparato a dare più fiducia all’intuizione che alla mente, che “mente frequentemente” “


    “mi sono accorta che […] faccio il “guardiano del tesoro” di me stessa e fatico ad espormi, mentre sarebbe cosa sana e giusta se espandessi all’esterno le mie qualità […] so di avere molto da dare ma sono bloccata. in compenso su altri fronti sento di star lasciando andare vecchi schemi caratteriali, diciamo che un po’ il lavoro interiore costante mio, un po’ lo yoga tuo (con le belle storielle che hai raccontato) stanno lentamente modificando automatismi reattivi che una volta erano decisamente forti in me. quindi nulla che faccio è vano, anzi, un gradino in più nel mio viaggio di consapevolezza in questa vita terrena. la via umida comporta pazienza…” 
  • 7 consigli per insegnare Yoga in una città di provincia e rimanere (forse) sani di mente – ultima parte

    5. NON LASCIARE IL TUO LAVORO PER INSEGNARE YOGA
    Ok, detto da me suona “fai quello che dico ma non fare quel che faccio”, un bel contrasto con tutto quello che ho scritto finora.
    Guadagno meno, rischio molto di più e lavoro sempre, eppure sono decisamente più felice.
    Ma devo essere pazza, l’ho già detto.
    Quindi no, non lasciare il lavoro per insegnare Yoga (oltretutto di questi tempi sono i lavori a lasciare le persone, e non il contrario).
    Insegnare Yoga affiancandolo a un altro mestiere non ti renderà meno efficace o meno felice, però potrebbe davvero renderti meno stressato/a!

    Guardiamo in faccia la realtà: fare l’insegnante di Yoga (sempre se non hai le spalle coperte  altrimenti) può essere duro.
    Ci vuole un sacco di pazienza e di resistenza, fisica e mentale.
    E’ difficile guadagnare non dico molto, ma anche solo abbastanza, insegnando Yoga.
    Potrebbe esserci competizione: sai gestirla in modo costruttivo?
    La cosa buona è sapere che i tuoi allievi ti somigliano (vedi punto 2!), e finché ci sarà questa vibrazione in comune, allora praticherete insieme. 
    La Vita ci cambia in continuazione, tutti, e accettando che qualcuno cambi (città, disciplina, insegnante ecc.), è accogliere la Vita, e togliersi dalla competizione e dallo stress.
    Lo Yoga è l’esperienza che fai: trova il tuo modo di insegnare, che poi è il tuo modo di essere. 
    Per qualcuno può essere faticoso riuscirci, ma vale sempre la pena di trovare la propria voce, la propria autenticità.

    6. INSEGNA, INSEGNA, INSEGNA
    Insegnando si impara.
    Si impara  a raggiungere tutti, ad essere efficaci e gioiosi.
    Soprattutto, prima di insegnare ciò che si sa, si insegna ciò che si è: prima si crea la relazione con gli altri, poi si potranno scambiare energie, insegnamenti, tecniche e via discorrendo.
    Accogliendo gli allievi, si impara ad accogliere se stessi.
    Da ciascuno che ti raggiunge per praticare insieme, si impara.
    Con umiltà e coraggio, si insegna e si impara.
    Si trovano gemme preziose, negli altri e in se stessi.
    questo ci porta al prossimo punto…

    7. SII GRATA/O
    Per l’insegnamento scambiato.
    Per le persone.
    Perché insieme si cresce.
    Per lo Yoga, per la Vita.
    Questo è il punto più importante: l’ho conservato per ultimo.

    [prima parte e seconda parte]
  • 7 consigli per insegnare Yoga in una città di provincia e rimanere (forse) sani di mente – parte seconda

    2. AMA I TUOI ALLIEVI (ti somigliano)          
    Lavoravo a tempo pieno in una grande azienda; mi alzavo prestissimo per praticare, scappavo dalle riunioni per insegnare ai miei corsi Yoga e spesso finivo di lavorare ai progetti aziendali a notte fonda, dopo essere rientrata dalle lezioni.
    Chi me lo faceva fare?

    Mi era chiarissimo, e ora lo è ancora di più, che lo facevo e lo faccio, per amore; adoro le “mie persone”, adoro stare nei loro universi, meravigliosi e sorprendenti, adoro studiare e insegnare Yoga.
    Sennò non potrei farlo.
    Amare le tue persone significa ascoltarle, dare valore al fatto che si organizzano (a volte pesantemente!) per venire ai tuoi corsi, seguirti ai seminari, praticare insieme a te.
    Significa, se insegni Yoga, capire al di là delle esplicitazioni, perché ogni giorno siamo differenti, comprendere di cosa c’è bisogno e cosa puoi fare per raggiungerli.
    Significa essere in grado di raggiungere tutti, o almeno provarci con sincerità totale.
    Significa conoscere il Corpo, conoscerne l’anatomia e la fisiologia, i canali energetici, rispettarne l’Armonia nella sequenza di asana, respirazione, mantra, concentrazioni.
    Di fatto, significa praticare molto, moltissimo per conto proprio, lavorare costantemente su di sé; e questo ci porta direttamente al prossimo punto…

    3. PRATICA, PRATICA, PRATICA
    “Ma anche tu, che insegni, poi per conto tuo pratichi Yoga?”
    Quesito meditabondo, posto da qualcuno che a sua volta insegna (filosofia all’università, per la precisione).
    “Ovvio. Cosa insegno, sennò?”.
    Annuisce con aria pensierosa,  “Eh, me lo ripeto spesso anche io”.
    Immagino valga per tutti coloro che insegnano, qualsiasi sia la materia.
    Pratica.
    Pratica, sennò cosa vuoi insegnare?
    Anche se hai molte classi, quello che fai non sostituisce la tua pratica personale; se si insegna, non lo si fa per se stessi:  si è a servizio degli allievi (vedi punto precedente!)
    E’ la ricerca personaleche ti porta ad avere qualcosa da condividere con le persone che guidi.
    E’ la pratica personaleche ti ha portato, bene o male, ad insegnare Yoga, giusto?
    Allora non lasciarla mai.

    4. SII CURIOSA/O (e coreaggiosa/o, a volte)
    Non basta leggere gli stessi libri e giornali di Yoga che leggono tutti gli insegnanti di Yoga che conosci, e andare agli stessi seminari e festival di Yoga a cui si iscrivono tutti gli altri insegnanti di Yoga, di cui hai sentito parlare da altri insegnanti di Yoga o che hai visto pubblicizzati nei giornali che si occupano di Yoga.
    Pratica.
    Cerca.
    E nascerà la curiosità di seguire strade/insegnamenti/discipline che potrebbero sembrare distanti dal tuo mondo e invece non lo saranno; sii curiosa/o non solo di ciò che ha l’etichetta “Yoga”, ma di tutto ciò che risuonerà in te.
    Anche quando sarai l’unica insegnante Yoga nella stanza.
    Perché quello che ti muove, che ti ispira, diventa Yoga se tu sei Yoga.
    Farà parte del tuo bagaglio, della tua ricerca, della tua Vita.
  • 7 consigli per insegnare Yoga in una città di provincia e rimanere (forse) sani di mente – parte prima

    “Voglio fare quello che hai fatto tu”- ha gli occhi lucidi di entusiasmo – “voglio una vita come la tua”.

    La guardo, e il mio sguardo implora pietà.
    Lei, implacabile, continua: – “Voglio insegnare Yoga, e vivere insegnando Yoga”.
    Lasciarmi senza parole non è facile, ma lei c’è riuscita.
    Nessuno vorrebbe davvero una vita come quella di qualcun altro, giusto?!?

    “Wow! bellissimo!” è la prima reazione di chi scopre che insegno Yoga.
    Un attimo di esitazione e arriva l’immancabile: – “Sì, ma…qual è il tuo lavoro vero?”.
    Frequentemente seguito da: – “E quante ore lavori, a settimana?”
    La verità è che studio, pratico, insegno moltissimo ma non lo penso come “lavoro”, ho uno stile di vita monacale eppure mi sveglio con un canto nel cuore, pensando “che fortuna, insegno Yoga! che fortuna, aver incontrato lo Yoga!”.
    Devo essere pazza.

    Negli ultimi tempi mi è spesso capitato che persone che condividevano la pratica con me (un modo per dire “allievi”; ho un problema con quella parola. “Allievo” implica che ci sia un’insegnante. Ma chi insegna e chi impara da chi? Beh, questo è uno dei punti di questi post) mi abbiano comunicato di voler seguire un corso insegnanti Yoga, cercando consigli per orientarsi nella ridda di offerte più o meno variopinte che popolano il web.
    Ancora più frequentemente succede che aspiranti insegnanti Yoga che non conosco affatto mi scrivano chiedendo suggerimenti, incoraggiamento, lumi…
    Deve essere una pazzia contagiosa.

    Insegno Yoga da circa tredici anni, e che qualcuno chieda/condivida un’intenzione di vita con me, è un onore che mi commuove.  
    Sia detto questo.
    Ma non è tutto solo rose, fiori e Chakra.
    Sia detto anche questo.
    E in ogni caso ci sono cose per cui nessun corso ti preparerà: quindi, ecco la mia storia.

    1. QUALE CORSO INSEGNANTI?
    Lo confesso, ho frequentato un corso insegnanti.
    E sono grata ogni giorno che passa alla mia Maestra per avermi accolta, benché fossi un’universitaria squattrinata e non dessi alcuna garanzia di cambiare idea a metà corso, tantomeno di riuscire a pagare le rate di iscrizione (diversamente dai molti altri aspiranti i cui cv stavano a pile su una scrivania, rimasti esclusi da quella tornata di papabili frequentanti della sua scuola). 
    Le sono grata per aver condiviso il suo percorso con grande generosità e per avermi sempre incoraggiata ad essere creativa e autentica, nella pratica dello Yoga e nella Vita.
    Ma non avevo alcuna intenzione di insegnare Yoga, quando l’ho iniziato: volevo solo “di più” e “più approfondito” di quella cosa lì, che per me era lo Yoga, e fare il suo corso insegnanti mi sembrava un buon modo per averla; grazieaddio, lei fu dello stesso avviso.
    Per la cronaca, si tratta di una scuola quadriennale. 
    Ci sono corsi insegnanti di un mese, di due anni. 
    Pochi arrivano a quattro, in effetti.
    Se avessi cercato una scuola al solo scopo di procurarmi un qualsiasi diploma di insegnante Yoga, ne avrei scelta una più breve e vicina, naturalmente.

    La motivazione personale è la prima cosa importante: cerca di capire se ti stai buttando in un corso insegnanti solo perché ti ha convinto una pubblicità.
    Soprattutto se si tratta di un corso che dura anni, perché la spinta che ti porta a impiegare i tuoi weekend, le tue energie e il tuo denaro può scemare, se non hai ben chiaro perché lo stai facendo.
    A me è capitato di innamorarmi del Tantra, e questo ha cambiato la mia Vita; ci sono persone che attraversano oceani e continenti perché sentono la spinta fondamentale verso un determinato insegnante/stile/scuola (degli stili di Yoga non si parlerà, in questi post, è bene avvisare).
    Ci sono persone che comprendono, altrettanto visceralmente, di volere un diploma e basta: se la molla è questa, vai nella scuola sotto casa, impara quello che devi e prendi il diploma che ti serve.
    Ascoltarsi dalle viscere e seguire il proprio istinto con lucidità e chiarezza è Yoga, anche quando si cerca di scegliere il corso insegnanti più adatto a noi.
    Quello che conta davvero è il proprio cammino personale.

  • Dottor Shanti e il mio CittaVrtti

    Racconto d’India di Francesco Castellano, Yogin, giocoliere, arrampicatore e molto altro. Le giravolte della Vita hanno stranamente – ma nemmeno troppo – legato il suo viaggio ad un altro cammino indiano, il mio, avvenuto un anno prima (almeno così dicono i calendari…). Grazie mille, Francesco!
    ———-
    Dr.Shanti– Che ci fai qui in India?

    Citta Vrtti- Sempre bello cominciare con una domanda, non trovi?
    D- (ci pensa un attimo)Perchè secondo te?
    C- Ora però nei stai facendo troppe…
    D- Rispondi a quella che preferisci
    C– Nella domanda c’è la libertà del possibile, c’è il divenire, l’aspettativa, il desiderio, quindi la curiosità.. nella risposta c’è definizione e troppe definizioni annoiano la Verità… non sarebbe bello rispondere sempre con altre domande?
    D– (di nuovo pausetta) Una buona risposta ha bisogno di un buon ascolto… forse basterebbe aspettare un attimo in più, anche solo il tempo di un buon respiro… o no?
    C– (respiro) Come nel Corano: c’è scritto qualcosa come “se quello che dici non è più nobile e meraviglioso del suono del silenzio, allora taci”.
    D– (pausa)
    C– (pausa)
    D– (pausa)
    C– (pausa)
    così per 89  pause poi
    D– Hai letto il Corano?
    C– No, l’ho sentito in un film.
    D– (pausa)
    C– (pausa)
    cosi’ di nuovo per 101 volte…


    D– Si, ma che ci fai qui in India?
    M– Possiamo dire “Karnataka”? India è così grande e dispersivo… troppo.. troppo.. hai capito?
    D– No, ma va bene lo stesso: solo inizia a rispondere che se no perdiamo il filo…
    C– E cosa c’e’ di sbagliato nel perdere il filo?
    D– (pausa) vabbè: che cosa ci fai qui i Karnataka?
    M– (respiro lungo e goduto) per prima cosa..
    D– (Avvicinandosi un po’) Siiii
    M– … secondo me..
    D– Siii
    C– ..vince “Cosa” e io mi sa che ho perso.
    D– (attonito e silenzioso)
    C– ..come il filo.
    D– eh?
    C– Secondo me, per prima cosa, vince Cosa e io perdo…
    Il Dr.Shanti non dice più nulla chiude gli occhi e inizia a respirare tranquillo. Poi le braccia come due serpenti in attacco, sferrano le mani verso il mio Citta Vrtti  che rimane paralizzato. I pollici del dottore pressano su Anahata e Aj’na chakra e intorno a quei due centri inizia a colorarsi tutto   con tonalità verde bosco di Faggi e Castagni. Il colore si espande e ricopre man mano tutto il corpo…

    …dopo un po’…  
    D– Che ci fai qui in India?
    C– Digiuni, mezzi digiuni, yoga, ozio, costellazioni, clacson, fuochi sulla spiaggia, sorrisi, quel movimento della testa, Sab kuchh milega, cocchi da bere, mucche, lune piene, charas, nepalese, falo’ d’immondizia, odori, profumi o puzze che siano, bere da una bottiglia di plastica, montagnette di colori al mercato, notti in bianco, lune piene, luna un po’ storta, cacarella, guida nell’altro senso, giocoleria, coconutlassi, bananalassi, banglassi, tuk tuk, sarebbe bello fare uno progettospettacolo sulla spazzatura, tali, dal fry, masala dosa, camion agghindati a tempietti, scimmie…
    D– …un verbo. (e lascia la digitopressione sui due chakra)
    C– Masticare.
    D– Ovvero?
    C– In viaggio devo masticare bene il cibo fino a renderlo un poltiglione, un succo triturato da bere e da far conoscere al mio stomaco in una informa amichevole, più facile da digerire… e lo stesso per i nuovi incontri, nel gusto delle nuove scoperte, di tutti questi colori, questi rumori, i ritmi, questo fumo così saporito, nella fortuna casuale (o forse no) di conoscere Maestri..
    D– Maestri?
    C– Qualcuno che ha imparato a muoversi nel reale e ci sta comodo, leggero e sereno.. qualcuno che ha già dato un’occhiata in un buco di serratura interessante e lo racconta con la sua presenza, con l’agio delle sue azioni, i tratti del viso guadagnati con il sudore di certi viaggi, certi pensieri…
    D– Qualcuno di importante?
    C– Qualcuno o qualcosa: puo’ essere una frase di un libro, un’immagine, uno spettacolo un film… a questo proposito consiglio vivamente di guardare “Harvey” con James Stewart e i cartoni animati “Surf’s Up” e  la serie “La leggenda di Aang, l’ultimo dominatore dell’aria” e “Le strane coincidenze della vita” e “Waking life” e uno spettacolo qualsiasi di Stephan Mottram e … 

    D– Hai già incontrato qualche maestro in questo viaggio?
    C– C’era questo personaggio a Gokarna che bastava guardarlo per raddrizzare un po’ più la schiena, tutte le sere andava a cercare un falo’, si sedeva e iniziava a meditare o che so io, comunque potevi vedere la sua colonna vertebrale allungarsi e animarsi come un cobra.. Poi ad Hampi c’era Vicoss, un ragazzetto indiano che mi ha insegnato che lo yoga degli indiani è dormire nel letto, infatti al mattino veniva a guardarci fare yoga e salutava l’arrivo del sole comodamente rilassato sul suo crash pad..
    D– Com’è stato ad Hampi?
    C– Un paradiso di granito, un colloquio con un elemento che mi e’ appartenuto cosi’ tanto in passato, la meraviglia di scoprire la memoria e l’intelligenza del corpo, delle dita e degli avambracci.. consumarmi di roccia, di fatica, combattere la gravità, fidarsi di chi ti fa sicura in quel momento, un tuo Amico per quel momento, visualizzare Anuman alla fine di ogni boulder, che li’ li chiamano “problems” perchè son enigmi da svelare..  se ne risolvi uno guadagni la dignità di ritornare un po’ più scimmia e un nuovo strato di pelle dura sull’ultima falange.. Quando poi finisci di arrHampicare senti e tocchi le cose meglio, più nel dettaglio, nel micro..
    D- ..E quando sei stato male?
    C– Vorrai dire quando siamo stati male, solo che tu sei scappato.
    D– Non son riuscito a stare.. scusa.
    C– Dopo il paradiso, l’inferno, direi, niente di più scontato ed equilibrato: dodici volte al cesso in una notte e al mattino cHrampi alla pancia da desiderare di morire, o piangere o vomitare o fa lo stesso basta che passi, basta tornare alla normalità… mediocre, perfetta normalità.
    D– Però non eri solo…
    C– Nel male acuto si’: sentivo le persone vicine, ma erano sfocate, c’era solo il male allo stomaco che mi faceva implodere accartocciato su me stesso… Steo però è sempre stato li’ a tenermi d’occhio e a dirmi di cercare di rilassarmi, poi Gaia e Sara mi han portato l’acqua calda per il pancino e poi poco per volta ho ricominciato a respirare normale.. ed è stato bellissimo. Come rinascere. (silenzio)
    D– Non vuoi aggiungere nient’altro?
    C– Rimarrai la prossima volta?
    D– Non te lo posso assicurare.
    (silenzio)
    D– Hai voglia di parlare di giocoleria?
    C– Ho sempre voglia diparlare di giocoleria.
    D– Perchè spesso la chiami Giocolosofia?
    C– Perchè è una conoscenza, è un viaggio fisico, ma anche mentale.. riguarda il tempo, lo spazio, l’equilibrio, l’accettazione, l’errore, l’armonia, l’elasticità, l’attenzione, il movimento continuo e inarrestabile che sta al principio di tutto…. e un sacco di altre robe, ma fondamentale è che si tratta di un gioco e quindi è anche divertente, spontaneo e selvaggio… (pausa) Hanno detto che la formula per definire il Lavoro è Forza per Spostamento… ma non hanno trovato ancora la formula per il gioco, perchè la potenza goduriosa che muove il Giocare è troppo libera e imprevedibile per essere imbrigliata…
    D– Però anche nel gioco ci son delle regole.
    C– La prima è: se non vuoi giocare, puoi non giocare; la seconda: se sei pronto ad affrontare le conseguenza puoi comunque disubbidire. Poi ogni sistema-gioco avrà le proprie regole, le proprie forme e cosi’ via.. Ma il punto è giocare tutto il resto è meno importante.
    D– Quali sono le regole della tua Giocolosofia.
    C– Divertirsi, respirare, cercare di rispettare la fluidità di un movimento continuo, non andare contro, ma accompagnare, usare meno Forza possibile, stare a vedere che succede… un po’ come nell’Aikido o nella Capoeira… un dialogo costante tra quello che propongo e quello che mi viene proposto, uno scambio per nuove scoperte.

    D– E lo Yoga?
    C– Anche lo yoga per me è un gioco, solo un po’ più egoistico, un dialogo con noi stessi sempre più nel profondo, nell’impercettibile, nel…
    D– Anche nello yoga ti diverti?
    C– La mia Maestra si chiama Beatrice e il suo è uno yoga beato: prima della meditazione dice sempre “visualizzate il vostro mezzo sorriso di Buddha”: è un’immagine che possiamo ripescare nella giornata o nel giorno prima, o puo’ essere fissa per tutte le volte… quando, spontaneamente nella visualizzazione di quel momento, ricordo o fantasia, ci verrà da sorridere, quello è il mezzo sorriso di Buddha. Non è magari divertimento, ma serenità, pace, tranquillità… profonda, come il respiro che dovrebbe scandire il tempo di tutta la pratica…
    D– Come dev’essere uno spettacolo?
    C– Dev’essere un elogio alla poesia, alla creatività e dovrebbessere Etico. O molto molto divertente, ma anche in quel caso è etico… il punto è stare con lo spettatore, farlo giocare con le sue associazioni d’idee, le immagini prese da chissà che passato, le emozioni che si rimescolano da dentro con le nuove suggestioni che proponiamo noi, con il nostro lavoro.
    D– vorrai dire gioco?
    C– Volevo dire gioco: Quando salutiamo qualcuno che non se lo aspetta o compiamo una gentilezza gratuita, quel qualcuno restituirà la gentilezza a sua volta, è contagioso… alla fine dello spettacolo lo spettatore dovrebbe avere una sensazione simile… … se no è una masturbazione teatrale… (silenzio)  
    D– Puoi riassumere tutto sto pippone con una frase tua?
    C– No, ma per fortuna ci ha pensato ciccio Nietzsche che dice “Maturità dell’uomo significa ritrovare la serietà che da fanciulli mettevamo nel giocare” o qualcosa del genere…
    D– E’ il caso di dire ooOOOOOOOMMMMMMMMmmmmmmm…
    C– …oooOOMMMMMMMMMMMMmmmmmmmmmmm
    dopo 12 minuti…
    D– OOOOMMMMMMMMmmmmmmmmmmmmmmmm
    C– OOOOMMMMMMMmmmmmmmmm….
    D– Bene, come chiudiamo?
    C– Con una domanda?

    D– Perchè no?

  • definizioni

    “troppe definizioni annoiano la Verità” (cit.)

    mettersi in contatto con le “viscere” e seguire il suggerimento che proviene dall’interno.
    le definizioni, le filosofie, le elucubrazioni su quello che si ritiene oggettivo sono noiose per tutti, Verità compresa…
    ché, oltretutto, è raro, l’”oggettivo”: allora rivalutare il “soggettivo”, l’ascolto interiore, è un buon proposito per ciascun giorno.



  • pericolose, sagge e selvagge

    “Per tutte le figlie e le anziane donne,
    prova vivente che l’anima, 
    nonostante le denigrazioni culturali affermino il contrario, nonostante le delusioni d’amore, nonostante le scelte sbagliate, nonostante gli scontri e le ferite…
    che l’anima torna ancora a vivere, ancora.

    Per tutte le figlie e le anziane donne, che da tempo siano convinte o da poco abbiano avuto l’illuminazione, 
    che nonostante le pecche, nonostante l’ego blateri il contrario, 
    la saggezza è infusa nel loro corpo e nella loro anima dalla nascita,
    e rappresenta sia la loro eredità dorata sia la loro scintilla d’oro.

    Per tutte le figlie e le anziane donne che stanno costruendo le credenziali che più hanno importanza: la prova che una donna è come un grande albero che, grazie alla sua capacità di muoversi invece che rimanere immobile, può sopravvivere alle tempeste e ai pericoli più terribili, e rimanere ancora in piedi;
    e ritrovare ancora il suo modo di ondeggiare nel vento, di continuare la danza.

    Per tutte le figlie che stanno imparando, che hanno appena iniziato o sono già a buon punto, a diventare normalmente maestose come sono chiamate ad essere. Che è tanto. Tanto. Tanto.

    Per loro, per tutti noi
    possiamo tutti 
    essere più profondi e fiorire,
    creare dalle ceneri,
    proteggere quelle arti, idee e speranze
    cui non possiamo permettere di scomparire
    dalla faccia di questa terra.
    Per tutto questo, possiamo vivere a lungo 
    e amarci l’un l’altro,
    giovani da vecchi 
    e vecchi da giovani
    per sempre.

    Clarissa Pinkola Estes, “La danza delle Grandi Madri”

    *immagine di  Vladimir Tolman
  • Il Viaggio, ovvero dell’autenticità

    Pioveva.
    Un temporale primaverile, di quelli improvvisi, totali, in cui il cielo scoppia sulla terra in secchiate d’acqua che arrivano da ogni parte.
    Ero in bicicletta e qualunque riparo sarebbe stato insufficiente, inutile.
    Pioggia in faccia, pioggia sulle dita che stringevano il manubrio intirizzite, pioggia sui pantaloni che si appiccicavano alle gambe.
    La strada era ancora lunga.
    Ero appena partita e già rivoli d’acqua scendevano fastidiosi dietro il collo, lungo la schiena, dentro la maglia, freddi.
    La pioggia negli occhi restringeva il campo visivo allo stretto necessario per non finire al centro della carreggiata invasa dall’acqua, i capelli appiccicati alla fronte, zuppi.

    Tutta quell’acqua inaspettata e inevitabile risveglia la gioia bambina dei piedi pieni nelle pozzanghere d’infanzia.
    È divertente.
    La pioggia mi scioglie il trucco in rivoli neri lungo le guance.
    Le scarpe sono gonfie d’acqua, quando mi fermo ai semafori appoggio a terra piedi fradici e galleggianti. Non c’è nulla di asciutto, ormai, ma non c’è nemmeno nulla più di fastidioso: mi sono arresa all’acqua, pedalo e sono acqua, pedalo senza accorgermene, rido del riso semplice che viene col solletico.
    All’ennesimo semaforo lo sguardo mi si appoggia sulla tettoia di un negozio a bordo strada: lì, sotto quel riparo comunque inadatto rispetto al diluvio, c’è un capannello di persone , alcuni con la bicicletta a mano. Certi mi guardano allibiti, certi condiscendenti;  la differenza tra stare sotto la tettoia e bagnarsi lo stesso, ma con disappunto o timore, e stare direttamente dentro la pioggia, spontanea e divertita.
    Pedalo via, col mio trucco sciolto, zuppa di gioia fino al midollo.

    Il Viaggio vero è quello che porta alla propria natura.
    Si cammina, con passo affannato e pesante a volte, a volte leggero e, all’improvviso, dietro un angolo, ci si imbatte in noi stessi.
    Noi stessi, mica quello che abbiamo immaginato di essere o che vorremmo gli altri vedano in noi!
    La nostra faccia vera, ripulita dalla biacca, dal trucco di scena che, magari senza saperlo o senza ricordarne i motivi, abbiamo tenuto per anni.
    Prima di vederla, andava bene così: perché affaticarsi? Perché mettersi in Viaggio?
    Perché pedalare sotto la pioggia?
    Eppure è bastato permettere anche una sola volta uno sguardo sotto i trucchi, e viene la voglia irresistibile di togliere le maschere che il tempo e l’abitudine ci hanno incollato addosso.
    Allora, l’unica possibilità è uscire da sotto la tettoia, mettersi in cammino, continuare a pedalare.

    Lo Yoga è un Viaggio.
    Un Viaggio personale che però si può condividere: ciascuno avrà il proprio passo, ciascuno avrà un modo di guardarsi specifico, ciascuno troverà quello che può o deve incontrare, ma a volte è bello muoversi insieme ad altre persone in cammino.

    *immagine di Chema Madoz
error: Content is protected !!